Ci sarebbero ulteriori novità nella cura della sclerosi multipla. Secondo quanto riportato dal Corriere di Gela per esempio non risulterebbe nessuna correlazione tra l’insufficienza venosa cerebrospinale cronica (Ccsvi) e la sclerosi multipla (Sm).
Lo avrebbe affermato lo studio “Cosmo” promosso e finanziato dall’Associazione italiana Sclerosi multipla (Aism) che per altro è presentato al 28esimo congresso europeo sul trattamento e la cura della malattia.
Cosmo va a smontare la tesi del medico ferrarese Paolo Zamboni, padre della controversa teoria che collega appunto la Ccsvi con la malattia. Il metodo, in pratica, consiste in un intervento su alcune vene del collo (le due vene giugulari e la vena dorsale).
Zamboni invece sostiene dal momento che la Ccsvi consiste in un restringimento di alcune vene che portano il sangue al cervello con un drenaggio del sangue troppo lento, la causa potrebbero essere degli accumuli anormali di ferro riscontrati nella sclerosi multipla.
Una cura utile sembra essere quella dell’angioplastica dilatativa venosa dove attraverso una operazione vengono liberate le vene occluse, si tratta di un delicato intervento invasivo della durata di un ora circa. Come riporta il corriere di Gela , .Una sonda viene infilata nella vena femorale per risalire fino alla giugulare per la disostruzione. La metodica Zamboni è molto controversa e non trova tutti concordi, in particolar modo l’Aism che attraverso studi policentrici è arrivata a conclusioni opposte a quelle di Zamboni.
Qualche anno addietro c’è stato un tentativo di collaborazione per la ricerca e la sperimentazione della CCSVI tra Aism e il prof. Zamboni, ma ebbe poca durata. Attualmente, numerosi sono i centri clinici che utilizzano il protocollo Zamboni. Ce ne sono anche in Sicilia ed a pagamento (1500-3000 euro).
I risultati, a detta dei pazienti che si sono sottoposti all’intervento, sono vari e contradditori. C’è chi ritiene di sentirsi meglio con assenza di sintomi e chi invece dopo un breve periodo di miglioramento, afferma di essere ritornato allo stato di prima dell’intervento. Gabriele Fuschini, 52 anni, originario di Portomaggiore in provincia di Ferrara, è il primo uomo al mondo che ha avuto impiantato uno stent nella vena azigos, ma anche il terzo paziente al mondo ad essersi sottoposto alla cura del professor Zamboni.
Dal 2007, anno della “liberazione” è tornato a vivere, non ha avuto più nessuna ricaduta e afferma di “sentirsi” guarito. Ciò non significa che tutti coloro che si sottopongono ad intervento conseguono lo stesso risultato di Fuschini. Ognuno è un soggetto a sé e scientificamente non si può affermare che col metodo Zamboni si guarisce.
Per sapere come Fuschini ha affrontato quell’intervento e quali risultati ha ottenuto, ho voluto contattarlo telefonicamente per intervistarlo. Con Fuschini ci siamo conosciuti durante un corso di formazione per volontari organizzato nel 2004 a Roma dall’Aism. Si trattava del progetto “Qualis” finalizzato a rilevare la bontà dei servizi offerti dai centri clinici italiani alle persone con sclerosi multipla. Per saperne di più di questa sua “guarigione” gli ho posto alcune domande alle quali ha volentieri risposto.
– Come stai Gabriele?
«Io mi sento guarito, ma non sono guarito. So benissimo che ho le placche ma si tratta delle vecchie cicatrici. Non soffro più, non ho più i sintomi della sclerosi, anche se la malattia rimane. Ho recuperato molto. Dal 2007 che non ho più poussée . Prima non sapevo più dove sbattere la testa. Ho fatto mille cure senza alcun risultato andando incontro anche ad un carcinoma».
– In che cosa è consistito l’inter-vento del prof. Zamboni?
«Quando Paolo Zamboni mi ha detto che avevo una malformazione congenita nella vena azigos e che bisognava intervenire correggendola con uno stent venoso, cioè una griglia metallica, ho detto subito di sì ed ho messo la firma. In quel modo il sangue avrebbe avuto un deflusso normale. Adesso posso dire di non avere più i sintomi della sclerosi multipla. Dopo l’intervento nel giro di un’ora sono ritornato a camminare in maniera autonoma. Adesso lavoro e faccio un lavoro impegnativo avendo a che fare con computer e numeri» .
– Cosa è cambiato della tua vita dopo l’intervento del prof. Zamboni?
«Tutto. Mi sono ripreso pian pianino. Ma col tempo mi sono accorto che facevo cose che prima non ero in grado di fare. Adesso faccio delle lunghe passeggiate senza stancarmi. Lavoro con i numeri dove si richiede molta memoria ed ora con mia grande gioia faccio il mio lavoro con disinvoltura. Cosa che non avrei potuto fare prima che il prof. Zamboni mi mettesse in sesto. Per ricordare prima mi ci voleva massima concentrazione e solo dopo un quarto d’ora ero in grado di ricordare. Non ho più stanchezza, non vedo più doppio. Insomma sono ritornato a vivere un’altra vita».
– Quando hai scoperto di avere la sclerosi multipla?
«La diagnosi è arrivata nel ’95 dopo cinque-sei anni molto travagliati»
– Come e quando hai incontrato il prof. Zamboni?
«Avevo un’amica a Ferrara, dapprima tirocinante, poi è diventata l’assistente di Zamboni. E’ stata lei a dirmi se volevo andare a fare l’ecocolordoppler. Hanno chiamato me a Ferrara ma anche molte altre persone volontarie».
– Non hai avuto alcun tentennamento, nessun dubbio?
«Assolutamente no. Sono andato da solo e da solo sono tornato a casa con le mie gambe».
– L’intervento è costoso? Ti è stata data la certezza che saresti guarito?
La certezza che sarei guarito non me l’ha data nessuno. Io non ho speso nulla. Io ero il rappresentante ferrarese dei malati di Aism. Facevo parte degli altri 64 volontari che si sottoponevano all’intervento. Però si parla di un costo dell’intervento di 3 mila euro e anche più.
– Quindici giorni fa a Milano hai partecipato alla presentazione dello studio Cosmo dell’Aism. Che idea ti sei fatta?
«C’erano molti ammalati di sclerosi multipla. C’ero io che sono stato “liberato”, ma ce n’erano tanti sia appartenenti all’Aism che all’associazione CCSVI cui io ho aderito da qualche anno. In quella circostanza quei professori ne hanno detto di cotte e di crude. Hanno persino messo in dubbio l’esistenza della CCSVI».
– Perché a tuo giudizio il metodo Zamboni non è tenuto in considerazione da parte dell’Aism?
«Credo che ci sia alla base una questione di soldi. Mi spiego meglio. E’ che chiaro che ci sono le case farmaceutiche che ci vogliono guadagnare. E se le persone guariscono non si comprano più farmaci e le case ci perdono. Io ho fatto la mia scelta di non usare più farmaci che mi hanno procurato maggiori danni anziché benefici. Ho provato con gli immunosoppressori che mi hanno provocato un carcinoma. A distanza di sei anni posso die di essere contento di avere fatto la liberazione grazie a Zamboni».
– Cosa ci riserva il futuro in fatto di sclerosi multipla e CCSVI?
«Credo che gli studi continueranno e spero che per il futuro ci sia più collaborazione nella ricerca scientifica».
Fonte Il Corriere di Gela